Insegnare a pensare quantistico

Intervista a Olivia Levrini, ricercatrice in didattica della fisica

Anna Greco
31 Luglio 2024
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Foto della mostra "Quanto", si vede un pannello in cui si legge la domanda "che cos'è la realtà?"

La meccanica quantistica porta con sé un modo nuovo di guardare al mondo e strumenti di pensiero importanti per interpretare la complessità del presente.

Dal suo esordio, all’inizio del Novecento, fino alle tecnologie odierne, la meccanica quantistica ci ha fornito spunti sempre nuovi per guardare il mondo sotto una diversa lente: portare a scuola queste conoscenze fornisce agli studenti strumenti fondamentali per la loro formazione.
Ne abbiamo parlato con Olivia Levrini, professoressa ordinaria di didattica della fisica all’Università di Bologna. Levrini guida un gruppo di ricerca che da anni si occupa di sviluppare strategie e formare docenti per l’insegnamento della fisica moderna. Ha tenuto un corso di formazione per i docenti al MUSE di Trento, nell’ambito degli eventi legati alla mostra Quanto. La rivoluzione in un salto dell’INFN.

Perché ha senso insegnare la meccanica quantistica a scuola?  

Perché alla base della meccanica quantistica c’è un cambiamento nel modo di ragionare, di pensare, di guardare il mondo. Le strutture di pensiero a cui la scuola forma, spesso, sono quelle alla base del pensiero moderno, fortemente influenzate della fisica classica, con la sua visione di determinismo e di causalità lineare. Ma sia la scienza dei sistemi complessi sia la meccanica quantistica hanno portato a un cambiamento di prospettiva verso la descrizione della realtà e offrono nuove strutture di ragionamento, più adatte a navigare la complessità e l’incertezza del mondo di oggi.

Eppure, per la maggior parte del percorso di studio, gli studenti non incontrano la fisica quantistica. Solo nel 2010 è stata introdotta per la prima volta nei programmi scolastici, limitatamente ai licei. Quali sono stati gli effetti di questa novità?  

La riforma Gelmini e le relative Indicazioni nazionali per i licei inseriscono gli argomenti di fisica quantistica tra quelli suggeriti per completare i percorsi dei licei scientifici. Nei primi anni successivi alla riforma, quando si temeva che la fisica quantistica potesse anche essere oggetto dell’Esame di Stato, le scuole e gli insegnanti si sono dedicati in modo abbastanza capillare a un aggiornamento significativo in questa direzione. Ricordo corsi e corsi con decine e centinaia di insegnanti. Poi l’attenzione è calata – anche perché l’Esame è rimasto sostanzialmente invariato. Sono però convinta che ci sia stato da quel momento in poi un innalzamento della consapevolezza e della conoscenza degli insegnanti sui temi di relatività e fisica quantistica. Nel frattempo, però, si sta assistendo alla seconda rivoluzione quantistica, una nuova fase della ricerca caratterizzata dallo sviluppo di tecnologie basate su alcune proprietà dei singoli oggetti quantistici che hanno aperto la strada ad applicazioni considerate impossibili solo un paio di decenni fa, come la crittografia e le comunicazioni quantistiche o il computer quantistico. Le implicazioni di questa rivoluzione stanno diventando sempre più rilevanti, e stanno influenzando il modo di concepire l’insegnamento della meccanica quantistica e di fare ricerca nella didattica della fisica quantistica.

pannello della mostra Quanto che rappresenta un criostato di un computer quantistico

L’impressione è comunque quella che la fisica moderna sia un argomento aggiuntivo nei programmi di fisica, e non integrato in maniera sistematica lungo il corso degli studi. 

Uno dei problemi delle riforme italiane della scuola è che aggiungono contenuti invece di ripensare alle priorità e al concepire in modo nuovo l’insegnamento fin dalla sua base. Almeno così sono vissute da docenti e studenti: è difficile aprire veri contesti di riflessione sui saperi. Di conseguenza, anche nelle Indicazioni nazionali del 2010 non c’è una prospettiva moderna verso i contenuti di fisica classica, ma la meccanica quantistica viene giustapposta alla fine di un percorso che rimane pressoché invariato.  

La formazione negli anni Dieci, poi, aveva riguardato in modo specifico i docenti dei licei e in particolare gli scientifici, ma, con lo sviluppo delle tecnologie quantistiche, oggi si stanno attivando – o dovrebbero attivarsi – anche gli istituti tecnici. È in atto un cambiamento che sta già chiedendo la presenza di figure tecniche nuove con una formazione interdisciplinare che coinvolga la fisica, ma anche l’informatica e la matematica. 

In che modo viene insegnata la meccanica quantistica a scuola?  

Nell’insegnamento della fisica quantistica c’è spesso un problema di approccio, che è comune in molti Paesi: a scuola non viene trattata la “vera” fisica quantistica, ma la cosiddetta “old quantum physics”, cioè si porta avanti una trattazione pseudo-storica dei passaggi concettuali che hanno portato alle prime ipotesi quantistiche, dal 1900 al 1927 circa, passando attraverso la descrizione di esperimenti e modelli come il  corpo nero, l’effetto fotoelettrico, l’effetto Compton, i modelli atomici, con un cenno al dualismo onda-corpuscolo e all’indeterminazione. Questa è la lista degli argomenti previsti nelle Indicazioni nazionali, ed è un insieme cronologico di eventi che apre molte domande affascinanti perché sfidano la fisica classica, ma non si arriva a presentare la fisica quantistica come teoria. Di fatto, non si fa il passaggio concettuale necessario per dare nuovi strumenti interpretativi e le spiegazioni che si propongono mantengono una struttura “semiclassica”, basate su immagini, come il dualismo onda-particelle, pensate in relazione al mondo classico.

Come emerge da moltissimi studi in didattica della fisica, gli studenti, e anche in una certa misura gli insegnanti, vivono questo approccio all’insegnamento della meccanica quantistica con grande fascinazione verso i “misteri” quantistici, però rimane la sensazione che ancora non esista una teoria che faccia chiarezza su cosa accade effettivamente. C’è bisogno quindi di una strategia per superare la old quantum physics in favore di una trattazione più contemporanea – anche se questo, in contesto italiano, significa andare oltre le Indicazioni nazionali.

Quali sono gli approcci alternativi per un insegnamento della fisica quantistica contemporanea a portata di studente? 

La grande scommessa che ha guidato la ricerca in didattica della meccanica quantistica ormai negli ultimi trent’anni è quella di trovare degli approcci alla portata di studenti di scuola secondaria che introducano la meccanica quantistica come teoria strutturata. L’approccio storico viene sostituito da un approccio concettuale, basato su alcuni pilastri: stato quantistico e principio di sovrapposizione, preparazione, evoluzione e misura di uno stato, indeterminazione e entanglement. Tutti concetti che trattano l’oggetto quantistico non più come una combinazione di onda e particella, ma come un oggetto fisico con delle sue caratteristiche specifiche. 

Esiste ormai una letteratura di ricerca estremamente ricca che mostra che gli studenti sono capaci di manipolare questi concetti, anche attraverso un formalismo matematico minimale. La questione successiva è quella di formare gli insegnanti in questa direzione: ci sono già tante sperimentazioni, Master, corsi (ad esempio nel Piano Lauree Scientifiche) però stiamo guardando con attenzione il nuovo percorso di formazione iniziale da 60 CFU, come possibile contesto di aggiornamento, anche se questo prevede pochi crediti delle didattiche disciplinari, come la didattica della fisica o della matematica.  

Installazione sulla sovrapposizione di stati presente nella mostra Quanto. Foto di Matteo De Stefano

 

A scuola, quindi, non è ancora previsto insegnare la prima rivoluzione quantistica, mentre siamo nel pieno della seconda. Come si può recuperare questo disallineamento cronologico? 

Sulla scia della seconda rivoluzione quantistica, c’è adesso una grande spinta, a livello europeo e anche italiano, verso la produzione di nuovi materiali didattici che mirano a introdurre alle nuove tecnologie quantistiche – computer e simulatori quantistici, protocolli per l’informazione quantistica, come la crittografia o il teletrasporto, la sensoristica. Giochi, piattaforme interattive, strumenti per visualizzare concetti astratti: c’è un’abbondanza di risorse meravigliose e utili a tanti livelli scolari.

orologi atomici dell'INRIM presenti in mostra Quanto

A livello italiano, alcune sperimentazioni in didattica della fisica, condotte ad esempio all’Università dell’Insubria, all’università di Pavia e Bologna, stanno cercando di ribaltare la prospettiva per cui le tecnologie sono un’applicazione della teoria, guardando, invece, alle nuove tecnologie come un contesto adatto per introdurre i concetti di base di fisica quantistica. La tecnologia è un condensato di conoscenza, che può essere “smontato” e analizzato per la sua portata concettuale. Non più solo applicazioni, valutate in termini di potenza o velocità rispetto ad altre tecnologie, ma artefatti che codificano la conoscenza. 

Oltre alle attività per studenti degli ultimi anni di scuola secondaria di II grado, il nostro gruppo di ricerca ha condotto dei laboratori misti per studenti e insegnanti, in cui i docenti univano alla formazione su un argomento la possibilità di osservare le reazioni degli studenti. Studenti e docenti, infatti, sono incuriositi dalle tecnologie quantistiche, anche se naturalmente lo sono in maniera diversa. Gli studenti sono molto coinvolti perché sentono che quello è il loro futuro, mentre gli insegnanti sono molto interessati dal punto di vista culturale e vogliono capire come possano riposizionarsi professionalmente alla luce delle frontiere della ricerca, ripensando il proprio insegnamento per dare agli studenti gli strumenti per comprendere al meglio il mondo contemporaneo. La discussione con gli insegnanti di matematica, ad esempio, è molto interessante: la logica quantistica offre loro l’occasione di riprendere la trattazione della logica classica e il formalismo algebrico per la meccanica quantistica fornisce lo spunto per parlare di algebra lineare.  

Il formalismo matematico è un elemento importante per la trattazione della meccanica quantistica, ma quello che viene presentato nei corsi universitari non è alla portata degli studenti delle scuole superiori. Si può sviluppare un formalismo più semplice ma allo stesso tempo rigoroso? 

Tradizionalmente, anche nella didattica universitaria, l’alternativa all’approccio pseudostorico della old quantum physics è quello di trattare la meccanica quantistica in modo assiomatico e formale. Questo naturalmente non è possibile per le scuole secondarie, o per lo meno non lo è utilizzando lo stesso formalismo che si usa all’università.

In realtà, è possibile utilizzare un formalismo minimale à la Dirac che utilizzi conoscenze di base di tipo algebrico e geometrico che gli studenti già incontrano nei loro percorsi di scuola secondaria. Per i concetti di stato quantistico, sovrapposizione, variabili incompatibili, porte logiche quantistiche, misura, entanglement, possono bastare i concetti di vettore, combinazione lineare, matrice, così come serve il concetto di probabilità. Per cogliere maggiormente la portata culturale della logica quantistica, potrebbe essere utile prestare attenzione maggiore alla logica classica (trattata ma non sempre con cura). Per poter ragionare più estesamente sui concetti, potrebbe essere importante qualche concetto di più di algebra, come quelli di autovalore e autovettore, con modifiche lievi del programma di matematica. L’obiettivo però non è quello di dare agli studenti gli strumenti per poter lavorare formalmente come dovrebbe fare un fisico, ma quelli necessari all’analisi concettuale.  

C’è un’esperienza particolarmente riuscita che vuole raccontare?  

Il nostro interesse come gruppo di ricerca verso la didattica delle tecnologie quantistiche nasce nel contesto di alcuni progetti europei che avevano obiettivi più ampi, come quello di cercare nella scienza, in particolare nella fisica, strumenti per educare al futuro, e quello di esplorare il ruolo della fisica in ambiti interdisciplinari. Questi temi sono i pilastri di progetti che abbiamo condotto negli anni, dal progetto I SEE (Inclusive STEM Education to Enhance the capacity to aspire and imagine future careers), focalizzato sul tema del futuro, al progetto IDENTITIES (Integrate Disciplines to Elaborate Novel Teaching approaches to InTerdisciplinarity and Innovate pre-service teacher Education for STEM challenges ) per la formazione dei docenti sul tema dell’interdisciplinarietà nell’ambito delle discipline scientifiche e tecnologiche e, infine, il progetto FEDORA (Future-oriented Science Education to enhance Responsibility and Engagement in the society of acceleration and uncertainty)in cui futuro e interdisciplinarità sono stati indagati anche insieme all’esplorazione di nuovi linguaggi per immaginare e capire le trasformazioni indotte dalle nuove tecnologie.  

Un’attività che abbiamo progettato in questi contesti e che incrocia tutti questi obiettivi attingendo proprio alle tecnologie quantistiche riguarda il teletrasporto. L’attività è stata costruita da Sara Satanassi, insieme a Elisa Ercolessi, all’interno di un modulo più ampio. È per me molto emblematica di cosa possa significare per noi guidare le studentesse e gli studenti a “smontare” concettualmente un protocollo quantistico e analizzare questo artefatto sotto varie dimensioni. C’è la dimensione concettuale basata sull’entanglement, quella sperimentale, quella matematica, quella logica e circuitale, quella computazionale, senza contare il fascino dell’idea stessa del teletrasporto, che attiva subito l’immaginazione. È un esempio di straordinaria ricchezza, che nella sua multidimensionalità rende tangibile la natura interdisciplinare delle tecnologie quantistiche e permette di creare un ambiente di apprendimento in cui studenti diversi possono trovare la propria collocazione, a seconda del linguaggio che più risuona con la loro sensibilità. In questo, è anche un modo di fare orientamento che si basa non solo sulle informazioni sull’uno o l’altro indirizzo di studio, ma apre ventagli di possibilità e lascia aperta la porta a quell’interdisciplinarietà che è ormai un requisito imprescindibile nel mondo di oggi.

Tornando all’inizio di questa conversazione, l’idea di una capacità della scienza di fare previsioni certe e del futuro, così come è descritta dal Demone di Laplace, appartiene ormai a un immaginario lontanissimo. La meccanica quantistica in generale, e ancora più le tecnologie quantistiche, incorporano e valorizzano una forma intrinseca di casualità e indeterminazione per cui l’evoluzione di un sistema non è univoca ma contiene in sé l’evoluzione di possibili stati. Dall’immaginario di certezza della fisica classica, siamo ormai passati a un immaginario di possibilità, in cui la contingenza, la randomicità dei processi, l’indeterminazione, svolgono un ruolo fondamentale. Su di esse si costruisce una struttura epistemologica di ragionamento che sembra fondamentale per navigare il mondo di oggi. Studiare le tecnologie quantistiche a scuola, applicare queste strutture di pensiero, restituisce un senso allo studio della fisica per gli studenti, perché sentono che quello che stanno imparando è agganciato alla complessità del presente, alla società in cui vivono e darà forma al loro futuro.  

“Incontri” è l’appuntamento editoriale di Collisioni.infn, dedicato al dialogo con i testimoni dello scambio interculturale tra la comunità scientifica, in particolare l’INFN, e il mondo culturale nel suo insieme.