La danza dei quanti

Intervista a Wally Holzhauser, coreografa e insegnante di danza contemporanea

Anna Greco
9 Luglio 2024
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spettacolo di danza sulla meccanica quantistica al MUSE visto dall'alto. Credit: Daniele Panato

L’evento, organizzato da MUSE a conclusione della mostra “Quanto”, esplora l’incontro tra la fisica fondamentale e l’arte del movimento corporeo.

Lo scorso 15 giugno al MUSE – Museo delle Scienze di Trento si è conclusa la mostra dell’INFN Quanto. La rivoluzione in un salto”  con l’evento di danza Tra spazio e movimento. Wally Holzhauser è la coreografa che, con gli allievi e le allieve della scuola L’altro movimento di Trento, ha portato negli spazi del museo le idee della meccanica quantistica attraverso l’espressione artistica della danza contemporanea. Le abbiamo chiesto di raccontarci questo incontro fra la fisica fondamentale e l’arte del movimento.

Da dove nasce l’idea di questo spettacolo?

Negli scorsi anni ho collaborato spesso con il MUSE per diversi eventi e inaugurazioni di mostre, sia con gli allievi della scuola di danza che con i professionisti della compagnia che ne è nata, LAM: abbiamo portato le nostre performance nelle sale meravigliose e ricche di spunti del museo, e c’era da parte mia un grande desiderio di ritornarvi. Lo staff del museo ha accolto subito la mia richiesta, proponendomi di incentrare le coreografie sulla mostra “Quanto” che era in corso in quel periodo. Lo spunto della fisica quantistica mi è piaciuto da subito, perché forniva l’occasione di sperimentare, un requisito fondamentale per la danza contemporanea, che unisce alla tecnica la sperimentazione a livello coreografico. Lavorare con idee astratte, al confine con la filosofia, mi stimola a creare nuovi movimenti.

Quali sono state le fasi di sviluppo dello spettacolo?

Come prima cosa ho visitato la mostra, accompagnata dallo staff del museo, che mi ha condotta attraverso il percorso di visita accompagnandomi fra i concetti cruciali e i passaggi storici dello sviluppo della fisica quantistica che la mostra racconta. Ho approfondito poi alcuni aspetti per riportarli nello spettacolo e ne abbiamo discusso molto anche in classe con le danzatrici e i danzatori; pur essendo un argomento molto complesso, ha incuriosito molto anche i piccolissimi. Lo spettacolo coinvolge infatti circa sessanta danzatori di età e competenze diverse, dai più piccoli che hanno 3-4 anni fino agli adulti professionisti.

È stato necessario anche fare un sopralluogo per capire quali fossero gli spazi a nostra disposizione: abbiamo ballato in uno spazio che è molto particolare e suggestivo, in cui si alternano i volumi, i pieni e i vuoti, e che può essere fruito su più livelli, per questo molto diverso da quello di un teatro. Anche l’utilizzo di luoghi che non sono pensati appositamente è una cifra distintiva della danza contemporanea; Cunnigham, coreografo americano di cui insegno le tecniche nella mia scuola, fu uno dei primi a sperimentare questo tipo di performance in spazi non convenzionali.

ballerine durante spettacolo di danza sulla meccanica quantistica al MUSE. Credit: Daniele Panato

Come si è ripercosso il limite dello spazio nella progettazione dell’evento?

Per via della conformazione dello spazio, gli spettatori hanno assistito allo spettacolo in piedi. Per questo motivo è stato necessario pensare a un evento coreografico agile, suddiviso in tre blocchi, intervallati da 10 minuti di pausa, ciascuno composto da due coreografie. Nelle pause gli spettatori hanno potuto così cambiare posizione nello spazio, spostarsi anche sui livelli superiori del museo, per vedere le coreografie anche da un altro punto di vista. Infatti, le coreografie si sono svolte tutte nell’area “Big Void”, al centro del museo, dove il pubblico si trovava all’altezza delle ballerine, ma sono state costruite anche per essere guardate dall’alto, dagli altri livelli del museo.

Quali sono le idee che sono state trasferite attraverso lo spettacolo?

Il primo blocco dello spettacolo è dedicato alla fisica classica. La prima coreografia parte dell’idea di interpretare la teoria eliocentrica copernicana, con i danzatori piccolissimi della scuola dell’infanzia e dei primi anni della scuola primaria a rappresentare il Sole e la Terra che gli si muove intorno. La seconda è dedicata alla gravitazione universale di Newton. La gravità per un danzatore è fondamentale: gli slanci, le cadute, le spinte, l’attrazione e la distanza sono concetti familiari per un danzatore.

Nel secondo blocco abbiamo rappresentato la teoria atomica, con una prima coreografia dedicata al modello planetario per l’atomo e una seconda che richiama lo spettro a righe del sole e il dualismo onda-particella. Per rappresentare il modello planetario, le danzatrici del corso avanzato, le più competenti, ruotano intorno a due altre danzatrici al centro, proprio come gli elettroni orbitano intorno al nucleo. È una coreografia dallo sviluppo molto interessante e di non facile esecuzione. Danzatori più piccoli sono impegnati invece in una coreografia in cui si vedono alternarsi forme di onde e particelle che agitano lo spazio in diverse dimensioni.

ballerine durante spettacolo di danza sulla meccanica quantistica al MUSE. Credit: Daniele Panato

Infine, l’ultimo blocco tocca i concetti più astratti. La coreografia dedicata alla determinazione della realtà quantistica è stata particolarmente sfidante: su musiche molto minimaliste e contemporanee, le danzatrici si toccheranno, si guarderanno, interagiranno e questo cambierà il modo in cui si muovono nello spazio, a simboleggiare che nella fisica è l’interazione a definire la realtà. Lo spazio e i buchi neri sono infine protagonisti di una coreografia poetica, che si muove tra scienza e fantascienza. Abbiamo messo in scena un’umanità che viaggia nello spazio, fino a incontrare un buco nero con la sua irresistibile attrazione che non fa sfuggire nemmeno la luce. La coreografia, e con questa lo spettacolo, finisce con uno sguardo verso l’alto che è anche una domanda aperta su quello che non conosciamo.

ballerine durante spettacolo di danza sulla meccanica quantistica al MUSE. Credit: Daniele Panato

Quali scelte estetiche e musicali hanno accompagnato i movimenti?

Abbiamo lavorato molto sui costumi, pensati ovviamente in relazione all’argomento trattato: per ogni coreografia i costumi diventano scenografia narrante. Sotto il profilo della musica, lo spettacolo si apre con musiche del Cinquecento, che riprendono il periodo storico in cui si sviluppano i concetti di fisica classica, per poi passare alla musica elettronica nelle coreografie che raccontano la fisica quantistica. La conclusione è con Bach, con la musica classica, che accompagna la coreografia sul buco nero: una visione sul futuro, ma anche sul passato, chi può saperlo?

Come ha reagito il pubblico del museo a questo evento?

Il pubblico molto numeroso ha gradito moltissimo; la bellezza ed il fascino degli ambienti del MUSE hanno arricchito lo spettacolo come la visione delle coreografie dalle balconate dei vari piani. I brevi intervalli fra le coreografie hanno permesso al pubblico di “abitare” il museo spostandosi da un piano all’altro. Gli argomenti della mostra “Quanto”, trattati coreograficamente, hanno incuriosito e stupito i presenti, che hanno apprezzato tantissimo un pomeriggio immerso nell’arte e nella cultura.

“Incontri” è l’appuntamento editoriale di Collisioni.infn, dedicato al dialogo con i testimoni dello scambio interculturale tra la comunità scientifica, in particolare l’INFN, e il mondo culturale nel suo insieme.