Quanti di magia

Intervista a Raffaele Silvani, fisico e prestigiatore

Anna Greco
21 Maggio 2024
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Raffaele Silvani, fisico e prestigiatore, durante uno spettacolo sulla fisica quantistica

Il mondo atomico e i suoi fenomeni stupefacenti e inattesi raccontato attraverso le tecniche dell’illusionismo

La meccanica quantistica nasce dall’osservazione di fenomeni controintuitivi e sorprendenti, tanto inaspettati e in principio inspiegabili da sembrare quasi magia. Le idee e lo sviluppo della teoria quantistica, dalle origini ai giorni nostri, sono raccontati nella mostra  dell’INFN Quanto. La rivoluzione in un salto”, aperta fino al 15 giugno 2024 al MUSE – Museo delle Scienze di Trento. Di come mettere insieme fisica quantistica e magia abbiamo invece parlato con Raffaele Silvani, fisico e illusionista.  Fin dall’adolescenza appassionato di prestigiazione, dopo gli studi come fisico della materia è diventato ricercatore all’Università gli studi di Perugia; oggi lavora per il progetto VITALITY, dedicato a materiali nanostrutturati, e autore dello spettacolo di scienza e illusionismo “Magica Quantistica”.

Da dove è nata l’idea di mettere insieme magia e fisica quantistica? 

La scintilla è scattata durante il corso di meccanica quantistica all’università. Il mondo atomico che mi veniva raccontato mi sembrava così assurdo e illusorio: le funzioni d’onda, i salti quantici, l’entanglement, tutti fenomeni inattesi e lontani dalla quotidianità, che lasciavano un grande senso di stupore a chi li osservava e che per essere interpretati avevano bisogno di modelli fisici costruiti con un grande sforzo di immaginazione. Da subito mi è sembrato che fosse perfetto raccontare la meccanica quantistica attraverso le tecniche dell’illusionismo, che mostrano l’inaspettato e stupiscono chi guarda.  Negli anni successivi ho messo in pratica la mia idea portandola al concorso FameLab, e poi per due anni consecutivi alla Notte Europea dei Ricercatori e delle Ricercatrici all’Università di Perugia con la prima versione di “Magica quantistica”. Si trattava di un’esibizione di 20 minuti di una serie di “esperimenti magico-scientifici”, che poi si è evoluta negli anni fino a diventare un vero e proprio spettacolo di un’ora circa, che ho proposto anche in alcuni festival scientifici e università in giro per l’Italia.

Perché utilizza l’espressione “esperimenti magico-scientifici”?

Perché, pur essendo basati su tecniche da prestigiatore, hanno molto a che fare con gli esperimenti scientifici. Da un lato, sono rappresentazioni di veri esperimenti scientifici, particolarmente utili per far vedere a livello macroscopico fenomeni microscopici. Certo, ci sono delle tecniche dietro, ma l’immagine che arriva all’occhio di chi guarda è un’analogia del fenomeno vero e proprio. Dall’altro, l’analogia si estende anche al processo scientifico: spesso noi ricercatori ci troviamo di fronte a fenomeni inaspettati che non sappiamo spiegare, e attraverso lo spettacolo cerco di portare lo spettatore ad essere lui stesso scienziato in quel momento.
Chi è nel pubblico vede un fenomeno che lo stupisce, di cui non conosce il funzionamento, davanti al quale viene proprio da chiedersi: ma come sarà stato possibile? Questa è la stessa domanda che si fa il ricercatore, e che credo si siano fatti i fisici che per primi hanno osservato i fenomeni quantistici.  Prendiamo ad esempio i salti quantici: un elettrone che da un’orbita esterna sparisce, emette luce e riappare in un’altra orbita più bassa. Sembra proprio una magia. E le mie abilità di prestigiatore mi permettono di rappresentare il fenomeno, conservando anche l’emozione della scoperta.

Raffaele Silvani durante lo spettacolo Magica Quantistica nell'ambito del progetto INFN Art&Science Across Italy

Alcuni fenomeni della meccanica quantistica sono in effetti controintuitivi tanto da sembrare magici; non teme che mostrarli in uno spettacolo di magia possa far credere al pubblico che lo siano veramente?

Alcuni teorici dell’illusionismo la descrivono così: la magia è quello che si crea nella mente di chi guarda quando la fase iniziale e la fase finale non sono legate da una connessione logica. L’illusione nasce quindi, in un certo senso, dall’ “ignoranza” di quello che vediamo. Spesso mi è capitato di vedere altri divulgatori utilizzare la stessa struttura del prestigiatore per creare fascino, cioè mostrare un esperimento che ha un “effetto wow” per poi spiegarlo in un secondo momento. La differenza è che io non spiego la tecnica che uso per creare l’illusione, ma racconto il fenomeno fisico che ho rappresentato attraverso le illusioni.
Questo non genera confusione nel pubblico. All’inizio dello spettacolo, dichiaro apertamente: io utilizzo dei trucchi, lasciatevi piacevolmente ingannare, non concentratevi su come faccio le cose, ma seguite quello che vi dico per capire cosa rappresenta in fisica quello che vedrete. Cerco proprio di puntare l’attenzione sull’analogia che mostro, senza che ci sia bisogno di spiegare il segreto dietro all’effetto, che mi serve solo per rafforzare il fascino del fenomeno fisico che sto rappresentando.

Un’altra analogia che emerge è che nella magia quanto nella scienza, spesso per capire veramente cosa si sta vedendo, bisogna sapere dove guardare.

Sfruttando proprio questa idea, nello spettacolo propongo un’analogia tra il principio di indeterminazione di Heisenberg e una tecnica di inganno usata dai prestigiatori nota come misdirection, che utilizza la capacità del prestigiatore di far focalizzare l’attenzione in un punto e distoglierla in un altro.  Ho preso l’idea dal prestigiatore italoamericano Tony Slydini. Una persona viene chiamata sul palco, e il mago chiede di guardare la sua mano sinistra nella quale appoggia una pallina di carta che poi viene chiusa nel pugno; la persona segue con lo sguardo quanto descritto, il prestigiatore poi dichiara che dopo aver fatto un gesto magico la pallina sarà sparita. Quando l’illusionista ripete l’azione, subito prima di mettere la pallina nel pugno, la lancia sopra la testa dello spettatore, che in quel momento è concentrato a vedere la mano sinistra vuota del prestigiatore. La persona coinvolta non si accorge di cosa sta accadendo, perché si aspetta di veder scomparire la pallina dopo il gesto magico come le era stato annunciato, mentre il pubblico assiste dall’esterno al lancio della pallina.
Si crea così una duplice realtà, quella osservata dal pubblico e quella dalla persona sul palco, ed è proprio quello che fa la natura con il principio di indeterminazione: per uno stesso evento in base a come si interagisce e si osserva, si possono determinare esiti diversi.

Fra i fenomeni raccontati in “Magica Quantistica”, c’è anche l’effetto tunnel. Come viene rappresentato questo fenomeno?

L’effetto tunnel si verifica quando un flusso di elettroni investe una barriera e una piccola parte di essi la oltrepassa. Per mostrare cosa accade utilizzo un mazzo in cui tutte le carte sono elettroni. Gli elettroni sono indistinguibili, quindi chiedo a uno spettatore di sceglierne uno e per distinguerlo dagli altri strappo un angolo della carta, che poi mescolo all’interno del mazzo. A questo punto, lancio il mazzo di carte attraverso due lastre di plexiglass, che simboleggiano la barriera. Una sola carta viene intrappolata dentro le due lastre, ed è proprio l’elettrone scelto dalla persona.
Creare il fascino intorno al fenomeno mi permette anche di parlare delle applicazioni pratiche, come, nel caso dell’effetto tunnel, il principio che permette il funzionamento delle pennette USB.

Come reagisce il pubblico a questa commistione di scienza e magia? Pensa che uno spettacolo come il suo possa essere uno strumento per disinnescare anche un po’ la paura della fisica?

“Magica Quantistica” è in realtà una conferenza-spettacolo, che richiede quindi una certa dose di concentrazione e attenzione. Per sua natura l’illusionismo cattura molto l’attenzione di chi guarda, e questo è molto utile con un pubblico di ragazze e ragazzi. In generale, però, l’intermediazione della magia permette di parlare di scienza anche a persone adulte che non hanno quasi mai incontrato un contesto scientifico e non sono già in partenza interessati nell’approfondire questi contenuti. Con l’illusionismo posso trasmettere il fascino della ricerca e regalare un’emozione, lo stupore.
Temo che spesso scienziati e scienziate perdano la capacità di stupirsi, emozionarsi di fronte ai risultati di un esperimento: di recente ho sviluppato un nuovo numero di magia dedicato alla spettroscopia, che da ricercatore utilizzo tantissimo, ma solo immaginando come rappresentarla con la magia mi sono reso davvero conto di quanto sia affascinante.

Quali progetti stai portando avanti adesso oltre a “Magica Quantistica”?

Negli ultimi tempi è nata anche una collaborazione con la compagnia teatrale Microteatro Terra Marique, guidata dal regista Claudio Massimo Paternò. Abbiamo scritto insieme una drammaturgia per uno nuovo spettacolo, “Il giro del mondo atomico”, che stiamo portando nelle scuole medie umbre. Racconta la storia di uno scienziato che, per capire meglio cosa accade all’interno della materia, costruisce una macchina riducente che lo fa diventare talmente tanto piccolo da permettergli di “entrare” nelle strutture della materia. Può assistere così a diversi fenomeni fisici, come le transizioni di fase, osservare la struttura dell’atomo, con qualche anche ispirazione alla fisica quantistica. La risposta che riceviamo dal nostro giovane pubblico è molto positiva; lo spettacolo riesce a suscitare non solo stupore, ma anche e soprattutto curiosità e desiderio di scoprire come funziona la fisica che c’è dietro a quanto hanno visto.

“Incontri” è l’appuntamento editoriale di Collisioni.infn, dedicato al dialogo con i testimoni dello scambio interculturale tra la comunità scientifica, in particolare l’INFN, e il mondo culturale nel suo insieme.