Forme e colori di una scoperta
10 anni dalla scoperta del bosone di Higgs
Nel 2022 si sono celebrati i dieci anni dalla scoperta del bosone di Higgs, l’ultima particella della materia conosciuta, un evento fondamentale per la fisica contemporanea. Era il 4 luglio 2012 quando le collaborazioni internazionali degli esperimenti ATLAS e CMS all’acceleratore LHC del CERN annunciavano in diretta mondiale la scoperta di una nuova particella, con caratteristiche coerenti a quelle del bosone di Higgs previsto dalla teoria del Modello Standard della fisica delle particelle.
In questa occasione l’INFN ha ideato il videomapping Forme e colori di una scoperta, uno spettacolo di luci, forme e suoni trasforma la facciata del palazzo che lo ospita in un acceleratore di particelle. Sulla facciata appaiono e scompaiono le grandi macchine che hanno reso possibile questa scoperta, e si possono seguire le particelle nella loro corsa a velocità inimmaginabili, fino a vederle scontrarsi in collisioni ad altissima energia da cui scaturiscono fontane di nuove particelle. Fra queste si annida il bosone di Higgs, la particella che ha dato la massa alle particelle elementari, un attimo dopo l’origine dell’universo.
Il videomapping è stato realizzato da Luca Agnani Studio – Video Projection Mapping. A ottobre 2022 è stato ospitato sulla facciata di Palazzo Ducale a Genova in occasione del Festival della Scienza, con il contributo di ASG Superconductors, e a luglio 2023 nel complesso del Gazometro di Roma a Videocittà – Festival della visione e della cultura digitale.
Guarda il videomapping a Genova su YouTube: Forme e colori di una scoperta | Palazzo Ducale, Genova
Che cos’è il bosone di Higgs
La scoperta del bosone di Higgs ha contribuito a consolidare la teoria che descrive le particelle elementari e le loro interazioni, il Modello Standard. Nel modello standard sono comprese particelle familiari per tutti, come l’elettrone, ma anche meno note, come il muone o il gluone. Nei primissimi istanti di vita dell’universo, subito dopo il Big Bang, le particelle elementari di cui è costituita tutta la materia che conosciamo non avevano massa e si muovevano liberamente con velocità della luce. Un centesimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang, è successo qualcosa, che ha dato massa alle particelle.
Si è manifestato infatti il campo di Higgs, che agisce come una specie di ragnatela: le particelle elementari che lo attraversano, interagiscono con il campo in modo differente, alcune passano nelle maglie del campo indisturbate, come i fotoni, che non hanno massa, altre vengono trattenute e acquistano massa. Il campo di Higgs si manifesta attraverso una particella, il bosone di Higgs, appunto. Verificare l’esistenza del bosone di Higgs ha permesso di confermare l’intera teoria e dare così una spiegazione alla massa delle particelle elementari.
Se vuoi saperne di più sulle particelle elementari e sulla storia della scoperta del bosone di Higgs, ascolta il nostro podcast che racconta il bosone di Higgs attraverso le parole che hanno caratterizzato la sua scoperta.
Tracce. Lessico di una scoperta
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Arte e scienza in dialogo
Il videomapping Forme e colori di una scoperta porta gli spettatori all’interno del laboratorio del CERN, dove è stata realizzata la scoperta. Sulla facciata del palazzo, si possono seguire le particelle nella loro corsa a velocità inimmaginabili all’interno del Large Hadron Collider (LHC), il più grande acceleratore di particelle esistente, fino a vederle scontrarsi in collisioni ad altissima energia da cui scaturiscono fontane di nuove particelle. Gli elementi architettonici si trasformano poi nei rivelatori di particelle ATLAS e CMS, apparati estremamente sofisticati e alti come palazzi, che osservano milioni di questi scontri al secondo. Fra le collisioni si annida il bosone di Higgs, la particella che ha dato la massa alle particelle elementari, un attimo dopo l’origine dell’universo.
Forme e colori di una scoperta ha una vera e propria struttura narrativa, frutto della collaborazione tra l’INFN e il videoartista Luca Agnani. Lo storyboard parte dal racconto della scoperta e del funzionamento degli esperimenti che hanno permesso di realizzarla e prende ispirazione dalle immagini scientifiche, dalle fotografie dei laboratori e dalla musica scelta per accompagnare il racconto. Immagine dopo immagine, l’artista ha individuato simboli e metafore visive che rievocassero le traiettorie e gli scontri delle particelle; tecniche di animazione 2D e 3D si alternano per rappresentare gli imponenti apparati sperimentali, che interagiscono e si fondono con l’architettura del palazzo, in un crescendo di tensione visiva e musicale che ricorda l’emozione della scoperta.
Una caccia durata cinquant’anni
La scoperta del bosone di Higgs ha scritto un nuovo capitolo dei libri di fisica e della storia della scienza, e che l’anno successivo è valsa il Premio Nobel per la Fisica ai teorici Peter Higgs e François Englert che, insieme al compianto Robert Brout, ne avevano previsto l’esistenza nel 1964. La loro geniale intuizione ha richiesto quasi cinquant’anni e la realizzazione del più grande e potente complesso di macchine mai realizzato per essere confermata.
A dieci anni dalla scoperta, nella splendida cornice di Piazza Maggiore a Bologna, alcuni dei suoi protagonisti hanno ricostruito quei momenti per riviverne l’emozione e raccontare il ruolo chiave del bosone di Higgs nella storia dell’universo e nella sua evoluzione futura. Accompagnati dal carisma di Serena Dandini e dagli interventi musicali della Banda dell’Uku, sul palco ci sono stati Fabiola Gianotti, Direttore Generale del CERN, Gian Francesco Giudice, Direttore della divisione di fisica teorica del CERN, Guido Tonelli, Professore all’Università degli Studi di Pisa, Antonio Zoccoli, Presidente dell’INFN, Professore all’Università degli Studi di Bologna.
Guarda lo spettacolo completo su YouTube: A un passo dal Big Bang
Macchine enormi e grandi collaborazioni
Per raggiungere questo traguardo, è stato necessario costruire strumenti enormi ed estremamente sofisticati, come gli acceleratori di particelle, all’interno dei quali circolano e si scontrano protoni ad altissime energie, e i rivelatori di particelle, che “fotografano” queste collisioni. Basti pensare che l’acceleratore di particelle LHC, il Large Hadron Collider, ha una circonferenza di 27 km, mentre gli esperimenti CMS e ATLAS, che osservano le collisioni, sono alti rispettivamente 15 metri e 25 metri! I dati raccolti sono stati poi analizzati, confrontati e studiati da ricercatori e ricercatrici di tutto il mondo.
Un’impresa scientifica possibile solo grazie all’impegno di decine di Paesi, centinaia di Istituzioni scientifiche e migliaia di persone. L’Italia, grazie al coordinamento dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ha contribuito alla scoperta con il lavoro della sua comunità e il contributo delle aziende che hanno sviluppato tecnologie d’avanguardia ad hoc.