Può un singolo scienziato influenzare un gran numero di aree della conoscenza e di applicazioni, non solo nel suo tempo ma anche nel futuro? Per il giornalista scientifico Ananyo Bhattacharya, la risposta è sì. Come scrive nel suo libro L’uomo venuto dal futuro, «[…] per capire appieno le correnti intellettuali del nostro secolo, in settori che spaziano dalla politica all’economia, dalla tecnica alla psicologia, in ultima analisi dobbiamo guardare alla vita e alle opere di von Neumann».
The man from the future. The visionary life of John von Neumann, è stato pubblicato originariamente nel Regno Unito nell’ottobre 2021 e recentemente anche in Italia (L’uomo venuto dal futuro. La vita visionaria di John von Neumann, 2023, Adelphi, traduzione. L. Civalleri). Bhattacharya ha una formazione come fisico, è stato ricercatore in campo medico e poi è approdato al giornalismo, lavorando anche per Nature e per The Economist. Abbiamo parlato con lui di questo scienziato incredibilmente brillante e della sua duratura eredità scientifica.
Dove e quando ha “incontrato” John von Neumann?
Cominciai a imbattermi in lui coscientemente circa dieci anni fa, quando ero corrispondente scientifico all’Economist. Il nome di von Neumann continuava a spuntare in circostanze insolitamente diverse: che ci occupassimo di meccanica quantistica o di tecnologia, di IA o di informatica, sembrava che avesse dato contributi fondamentali a tutti questi campi; quando ci si concentrava sui premi Nobel assegnati ai teorici dei giochi, si scopriva che von Neumann aveva essenzialmente inventato il campo. Anche in articoli di taglio storico-politico, legati alla Guerra Fredda e alla strategia nucleare, veniva fuori il suo nome perché coinvolto nel progetto Manhattan.¹
Iniziai a chiedermi – nel fondo della mia mente, mentre rimuginavo su varie idee di libri – se ci fosse già un libro su di lui. Esisteva effettivamente una biografia di 30 anni fa di Norman Macrae, che, casualmente, era anche un redattore dell’Economist. Tuttavia, era piuttosto datata e molto incentrata sulla vicenda personale di von Neumann. Macrae non era un giornalista scientifico; aveva incluso nel libro una bella sezione sulla teoria dei giochi, ma il resto degli argomenti scientifici era molto vago. Io volevo scrivere un altro genere di libro.
Un giorno tornai a casa e iniziai a prendere a caso i libri di divulgazione scientifica dal mio scaffale. Credo di averne presi circa 10 o 15 e il nome di von Neumann era nell’indice di circa la metà di essi. Era assurdo: spaziavano in campi molto diversi, dalle neuroscienze ai modelli economici, dalla fisica quantistica alla biologia evolutiva, e von Neumann li aveva influenzati tutti. E poi mi sono reso conto che von Neumann è stato con me per la maggior parte della mia vita: ho studiato informatica al liceo, quindi abbiamo sicuramente incontrato l’architettura di von Neumann, poi ho studiato fisica, dove inavvertitamente abbiamo usato la sua formulazione della meccanica quantistica, e il mio migliore amico ha studiato economia, e continuava a parlare di teoria dei giochi. Mi ci è voluto del tempo per scoprire tutti questi collegamenti, ma poi sono partito da lì.
Nonostante i suoi numerosi contributi alla scienza moderna, von Neumann è molto poco rappresentato nella divulgazione scientifica, ma sembra che ultimamente stia acquisendo maggiore notorietà. Secondo lei, come mai sta accadendo?
Il nome di Von Neumann viene citato più spesso oggi che in qualsiasi altro momento degli ultimi cinquant’anni, e questo è strano se si considera che è morto nel 1957. Oggi c’è quasi un culto intorno al suo genio. Perché si sente parlare di lui più spesso oggi che 30 o 40 anni fa? La mia risposta a questa domanda è che ha seminato molto della scienza e della tecnologia moderne, ed è per questo che il libro si chiama L’uomo venuto dal futuro. Non ha completato tutte le cose che ha seminato, ma nel farlo ha mostrato una visione straordinaria, e altre persone hanno poi raccolto quelle idee e le hanno portate avanti. Molti dei suoi contributi sono ancora sconosciuti e forse altri devono ancora emergere.
Per esempio, non è mai stato riconosciuto, come credo dovrebbe, come il padrino del movimento open-source. Senza von Neumann che pubblicava tutti i rapporti sui progressi del suo progetto informatico e senza Goldstein che faceva circolare il rapporto EDVAC, l’informatica avrebbe preso una strada molto diversa e, probabilmente, sarebbe rimasta indietro di decenni rispetto a dove siamo ora. Alcune aziende avrebbero avuto il monopolio dei computer e così via.
Nel libro, ha creato uno scenario in cui si sviluppano la vita e le opere scientifiche di von Neumann: la sua vita viene descritta nel contesto del periodo storico e della fertile comunità scientifica nella quale le idee di von Neumann si sono evolute, insieme al lavoro di altri scienziati. Cosa l’ha spinta a scegliere questo approccio?
Ho cercato di scrivere il libro che avrei voluto leggere: credo che a parecchi di noi, appassionati di fisica, non interessino molto le storie personali, come cosa abbia mangiato un genio a colazione o quanto male abbia trattato i suoi amici, la sua famiglia o il suo partner. Non ho trovato prove del fatto che von Neumann fosse un essere umano terribile: molti dei suoi amici e delle loro mogli lo hanno lodato a dismisura e hanno raccontato di quanto fosse una brava persona.
Inoltre, sono sempre stato molto più interessato ai libri sulle idee che a quelli su una singola persona. Quando ero giovane, ho apprezzato molto il libro L’animale morale del giornalista americano Robert Wright. Wright usa la vita di Darwin come filo conduttore per parlare di psicologia evolutiva. Per L’uomo venuto dal futuro l’idea era di parlare della tecnologia e della scienza del XX secolo attraverso la lente della vita di von Neumann. Sembra che egli sia stato presente in quasi tutti i momenti importanti della scienza del XX secolo!
Infine, c’è questo luogo comune sui geni che pensavo fosse passato di moda, e invece è ancora molto diffuso: il “culto dell’eroe”. Ma la scienza non è fatta da una sola persona che rivoluziona tutto. Anche nel caso di von Neumann, che probabilmente ha contribuito in modo determinante alla scienza del XXI secolo, è stato necessario che altre persone sviluppassero le sue idee per portarle a maturazione. Persone come Grete Herman, una straordinaria fisica e filosofa che per prima ha riconosciuto un potenziale problema nel “teorema delle variabili non nascoste” di von Neumann. E anche Klári Dán, la seconda moglie di von Neumann: alcuni dei suoi piccoli contributi erano noti, ma di recente gli storici hanno scoperto che fu lei a scrivere il primo vero e proprio programma per il computer moderno. Ho potuto parlare di persone come queste in parte per il modo in cui è strutturato il libro, che riflette il fatto che la scienza è collaborativa e molte persone vi hanno contribuito.
Von Neumann era un matematico, ma nella sua vita e nel suo lavoro ha continuato a passare dalla matematica pura all’applicazione.
Credo che oggi il ruolo culturale della matematica sia sottovalutato. Quest’anno sono stati assegnati due premi Nobel per la fisica all’intelligenza artificiale, ma in entrambi i casi il punto chiave è la matematica che sta alla base dell’intelligenza artificiale, e si tratta di una matematica relativamente nuova, vecchia di trenta o quarant’anni.
Anche in questo caso assistiamo alla previsione di von Neumann: il tempo necessario alla matematica e alla fisica teorica per passare alle applicazioni si sta riducendo. Oggi questa finestra si sta nuovamente assottigliando e stiamo portando la matematica nelle applicazioni e nella società a un ritmo sempre più veloce – un fenomeno che Von Neuman chiamava “la singolarità”.
I contributi di Von Neumann nei diversi settori sono quelli di un matematico raffinato di altissimo livello. Cosa ha trovato più difficile da spiegare?
Ho fatto davvero fatica con la matematica di von Neumann, e in parte il motivo è che non ho passato l’esame di matematica del primo anno da studente di fisica!
Come persona che ha studiato fisica, pensavo di capire la meccanica quantistica, o almeno di saperne abbastanza per poter affrontare i suoi contributi. Ma il problema è che von Neumann ha posto le basi matematiche della meccanica quantistica. I fisici di solito non si addentrano molto nei fondamenti della quantistica, e in particolare diamo per scontata la formulazione nello spazio di Hilbert (cfr. capitolo 3): forse è per questo che il nome di von Neumann non compare nelle lezioni di fisica dei primi anni. Ma quando si inizia a scavare nella storia, si scopre che, in realtà, il suo lavoro è la base della meccanica quantistica moderna, e non è affatto facile.
Anche la teoria dei giochi è stata molto difficile (cfr. capitolo 6), perché non ho un background in scienze economiche, ed è stato impegnativo capire il funzionamento del suo modello di equilibrio dinamico e il posto che occupa nella storia dell’economia. Per quanto riguarda la logica matematica, ho dovuto comprendere tutte le questioni fondamentali di Hilbert e ciò che ha fatto Gödel. Ho dovuto consultare vari libri sul lavoro di Gödel per estrarre ciò che era rilevante per il modo di pensare di von Neumann all’informatica e per il nostro modo moderno di pensare all’informatica. Sono stato molto lusingato dal fatto che uno dei recensori del libro, Stephen Budiansky, che ha scritto una biografia abbastanza recente di Gödel, abbia detto che la mia descrizione del teorema di incompletezza era la migliore che avesse mai letto (cfr. capitolo 5).
Per questo tema in particolare vorrei citare l’aiuto di Jeremy Grey, un brillante storico della matematica, professore emerito della Open University. In altre aree ho viaggiato in solitaria e ho trovato studiosi molto in gamba, che ho ringraziato nel libro, che conoscevano bene i fondamenti e mi hanno dato una mano su diverse questioni.
Quali sono, secondo lei, gli elementi più importanti dell’eredità di von Neumann?
Il primo è, ovviamente, l’architettura di von Neumann per i computer programmabili, che usiamo ancora oggi. Inoltre, la sua decisione di garantire che tutto fosse di dominio pubblico ha avuto un impatto enorme.
Il secondo è il suo contributo alla teoria dei giochi, in particolare alle teorie dell’utilità. Tale teoria ci ha fornito indicazioni incredibili sia in economia che in biologia. È un costrutto molto utile, ma può anche essere molto dannoso, in quanto ci porta a pensare a tutto come a un mercato e a dimenticare la componente umana.
C’è, naturalmente, il leggendario saggio sul computer nel cervello, in cui per la prima volta von Neumann confronta computer e cervello in un modo che è ancora attuale. È stato il primo ponte tra le neuroscienze e l’informatica, al centro di una seria riflessione sull’intelligenza artificiale. Egli non ha contribuito direttamente all’intelligenza artificiale, ma un tale confronto tra cervello e computer non era mai stato fatto prima.
Infine, c’è la teoria degli automi auto-replicanti: la sua dimostrazione che le macchine possono riprodursi ed evolversi. Credo che si tratti di qualcosa che riguarda ancora soltanto il futuro, ma presto cominceremo a vederne alcune conseguenze.
¹ nell’immagine di copertina si vedono Oppenheimer e von Neumann a Los Alamos fotografati da Alan Richards (courtesy of AIP Emilio Segrè Visual Archives). Lo scienziato ungherese contribuì sensibilmente allo sviluppo della bomba atomica americana nel Progetto Manhattan, contributo che lo rese una figura piuttosto controversa nell’opinione pubblica.
“Incontri” è l’appuntamento editoriale di Collisioni.infn, dedicato al dialogo con i testimoni dello scambio interculturale tra la comunità scientifica, in particolare l’INFN, e il mondo culturale nel suo insieme.